Per quest'uscita di lavori della nostra Bottega,
dedicata al tema dello sguardo, ho deciso di far riferimento al film
del 1951 Strangers on a train, in Italia uscito con il titolo
Delitto per delitto (L'altro uomo),
di Alfred Hitchcock. Tenteremo di mettere in luce una dinamica
complessa segnalata dal mezzo cinematografico che potremmo riassumere
come dipendenza dell'uomo dal registro del significante,
cercando di argomentare come questo possa disporci ad un ripensamento delle nostre pratiche, non solo di spettatori, ma anche di "soggetti supposti impegnati a pensare" in generale.
Mi concentrerò per lo più su due sequenze di grande
interesse: l'omicidio di Miriam ripreso attraverso il riflesso degli
occhiali della vittima e la coazione a ripetere attraverso cui Bruno,
conversando con un'annoiata signora borghese ad un ricevimento, la
sottopone ad uno strangolamento simulato, un “gioco di società”
che se dal lato della signora è bovaristico, isterico, dal lato di
Bruno mostra il proprio carattere psicotico. Quest'ultimo infatti, guardato dalla sorella di Ann Morton, anch'essa bionda e occhialuta come
Miriam, sfiora la tragedia dato che in preda ad un automatismo non
cosciente, Bruno non riesce a fermarsi e quasi uccide la signora.
Per cominciare con la scena dell'omicidio di Miriam, la
sua specificità è quella di esser rappresentata nel riflesso degli
occhiali della vittima caduti a terra durante la colluttazione.
Possiamo fin da subito dire che l'azione si svolge per
noi, presso uno schermo, ma la particolarità sta nel fatto
che lo stesso Bruno pare accorgersene. Dagli occhiali Bruno si sente
come spiato, è come se ci fosse effettivamente stato un testimone.
Lo schermo degli occhiali quindi a) guarda il delitto di
Bruno, b) ci dispone come guardanti suscitando in noi, non solo
l'orrore per l'assassinio, ma anche e contraddittoriamente ci fa
entrare nell'alveo delle preoccupazioni di Bruno: si deve sbrigare
altrimenti sarà scoperto, ecc...
Insomma tale supporto che è lo schermo lo potremmo
definire come ciò che descrive il campo presso cui si dispongono le
parti, ma dovremmo aggiungere anche che il campo è dove emergono le
possibilità e le impossibilità implicate in un determinato regime
di relazioni tra parti, nonché l'articolazione legale ivi implicata. Nel caso specifico emerge l'oscenità
dell'assassinio, il suo impattare in questa fattispecie con le regole
di convivenza (il che emerge sia nel nostro orrore che nella
circospezione di Bruno) e al tempo stesso emerge l'oscena tendenza ad
entrare in contatto, benchè mediatamente, con tali eventi traumatici
(guardarli in questo caso da parte nostra, compiere l'omicidio da
parte del delirante Bruno). Abbiamo cioè descritto una legalità, ma che ne é dell'impossibilità?
Volendo procedere in questo senso ci potremmo chiedere chi sta
guardando Bruno secondo Bruno stesso, al che ci dovremmo rispondere
che è la sua vittima che lo sta guardando. Miriam, nei suo occhiali,
sta guardando il suo assassinio e la propria uccisione.
Non ci dobbiamo però dimenticare che Miriam viene
uccisa al posto di un altro, ovvero il padre di Bruno, suo
vero obbiettivo: nell'uccidere Miriam, Bruno sta compiendo l'atto
radicale, all'interno dell'ordine simbolico, l'ambito legale, di
uccidere suo padre, il significante per la legge stessa.
Possiamo quindi già da subito collegare al supporto
degli occhiali una funzione precisa: quella di avvincerci all'interno
di una dinamica complessa dove la domanda sorge spontanea: “c'è
qualcuno dietro agli occhiali che guarda e chi starebbe poi dietro
agli occhiali stessi”?
Possiamo rispondere immediatamente: dietro agli occhiali
non c'è nessuno, o meglio c'è il Grande Altro, intendendo per
Grande Altro lo stesso regime del significante, la struttura
condizione di possibilità di ogni significazione, il sistema di
relazioni che determinano la posizione di ogni membro. Bisogna, per
capirsi bene, dire che se ogni significante viene a significare
qualcosa di determinato solo all'interno del complesso di relazioni
che li organizza, il Grande Altro è il significante unario per
l'intera struttura di relazioni.
Ci troviamo dinnanzi al paradosso per cui se ogni
determinazione si definisce solo all'interno della totalità,
necessitiamo contemporaneamente di dire la totalità stessa
con un significante che al tempo stesso non significa nulla ed è
condizione di possibilità della significazione.
Quanto abbiamo brevemente esposto emerge con forza nella
seconda scena che vogliamo analizzare: quella del “nuovo gioco di
società” tra Bruno e la signora borghese, ma alla presenza di
Barbara Morton.
Anche qui Bruno è guardato, ma succede qualcosa di
strano: con un automatismo Bruno serra le mani attorno al collo della
donna proprio in quanto è guardato da Barbara. Quest'ultima, in
maniera evidente viene al posto di Miriam (portando occhiali
simili ed essendo entrambe giovani e bionde).
Non va però dimenticato che Miriam viene al posto del
padre di Bruno, possiamo quindi istituire, attraverso la serie
Padre-Miriam-Barbara, una relazione riguardante Bruno tra lo sguardo
della vittima e l'atto massimamente illegale.
Questa relazione tra sguardo e vittima è evidente, per
altro, non solo per la frase di Barbara la quale, sconvolta dal
brutto episodio, dice alla sorella: “[Bruno] aveva le mani attorno
al collo di quella donna, ma è me che stava strangolando”, ma
anche per l'intitolazione data da Bruno al quadro della madre,
raffigurante uno spaventoso essere oscuro e sformato, dotato però di
uno sguardo agghiacciante, ovvero “il Genitore”; se aggiungiamo
poi a questa relazione il fatto che lo sguardo agghiacciante è di
colui di cui Bruno si vuol sbarazzare, ovvero suo padre, allora la
relazione tra parricidio e l'esser osservato dal padre emerge con
forza.
Tutto ciò ci permette di andare più a fondo su quanto
sostenevamo poco sopra e cioè che nel supporto che segnala lo
sguardo, non cogliamo solo ed eminentemente una significazione
determinata, una relazione tra due personaggi, ma cogliamo
quell'effetto di discorso che abbiamo definito Grande Altro come
condizione di ogni significazione, come elemento che si sottrae alle
relazioni pur inerendovi, segnalando un dinamica di complicazione, di
decentramento rispetto al concepirsi come coscienza da parte di chi è
inserito in questo reticolo di relazioni.
Dobbiamo però ora fermarci un attimo, non abbiamo
infatti ancora definito che cosa sia lo sguardo, pur avendo fatto
abbondante uso di questo significante. Per procedere ora verso una
breve chiarificazione dovremo concentrarci su quella che pare la
struttura fondamentale che regge le relazioni all'interno del film e
che ci siamo permessi di schematizzare, per altro in maniera molto
inadeguata.
Sintetizzando potremmo dire che se Guy rispetta la
legge, pur vorrebbe disfarsi di Miriam (lo dice testualmente
ad Ann in un impeto di rabbia). E' Bruno a realizzare il suo
desiderio, a realizzare ciò che Guy vuole, ponendo quest'ultimo in
una situazione di colpevolezza simbolica (è stato realizzato ciò
che voleva, ma non avrebbe mai fatto, non gli era permesso fare) e di
debito simbolico con Bruno (ciò che Guy ha ottenuto ora lo deve
ripagare).
Bruno invece è chi compie lo sconfinamento radicale, ma
non in modo diretto (le relazioni violente tra Bruno-Padre e
Guy-Miriam non sono mai dirette): in linea tratteggiata abbiamo
segnato la relazione violenta, oppositiva che da Bruno va al Padre e
con una freccia orientata la situazione di appagamento-colpevolezza
che attraverso Miriam invade Guy.
Se appunto Bruno, tormentando Guy, mostra a quest'ultimo
la realizzazione del desiderio osceno di quest'ultimo, è invece la
madre di Bruno a dire al figlio quanto esso voglia: vuole uccidere
quello sguardo osceno e inquisitore.
E' notevole però che proprio quello sguardo, nella
seconda scena da noi analizzata, sia quanto scateni l'atto omicida,
pur non potendo esser sopportato da Bruno che infatti poi sviene. E'
come se Bruno, volendo sopprimere chi sta al posto della legge e lo
pone al posto dello scapestrato, inadatto e criminale (Hitchcock ci
presenta la severità del Padre che, nell'unica scena in cui lo
vediamo paventa la possibilità di rinchiudere in manicomio il
figlio), dicevo volendo egli sopprimere il Padre, sul punto di
compiere questa negazione, non faccia che affermare quanto vuole
sopprimere.
C'è in tutto ciò una volontà di esser punito che
nella sua violenza si presenta nella sua veste più distruttiva. Non
c'è compromesso di sorta, la Legge deve morire, ma in tutto ciò si
mostra come la negazione della legge sia l'impatto distruttivo con
essa. Un sistema legale insomma presenta sempre un lato nascosto che
nell'opposizione alla legge stessa presenta una componente di
godimento: lo sguardo osceno e inquisitore è quanto guarda
l'opposizione ad esso stesso e ne gode: ecco l'impossibile nel suo effetto traumatico!
Presenza oscena dello sguardo e parricidio, come
dicevamo prima, sono complementari, la legge che si presentifica
presso Bruno nel modo dell'opposizione mostra anche un suo lato
nascosto, osceno: un'articolazione simbolica che è quanto organizza le significazioni, i posti occupati da ogni membro della relazione,
come abbiamo detto prima, e che necessita di un significante che
indichi l'intero regime delle relazioni, presentificando però quanto regge quelle relazioni essendone escluso.
Da questo punto di vista ogni soggetto è assogettato al
posto da esso occupato nel regime del significante, ma proprio in
quanto ogni soggetto si coglie all'interno di questo regime (presso
S' insistente su S''), emerge al tempo stesso il regime di
dipendenza, di essere per altro, di mancanza originaria a cui è
soggetto il soggetto come assogettato. Questo elemento è
paradossalmente presente nella relazione della legge proprio in
quanto ne è estraneo, in quanto è osceno, fuori dalla scena, fuori
dal quadro in cui ci cogliamo guardando lo schermo.
Dice Lacan, parlando di tale elemento paradossale: “è
un oggetto che in realtà non è che la presenza di un incavo, di un
vuoto, occupabile come dice Freud, da qualsiasi oggetto, e di cui non
conosciamo l'istanza se non sotto forma dell'oggetto perduto, piccolo
a. L'oggetto piccolo a non è l'origine della pulsione
orale. Non è introdotto a titolo del nutrimento primitivo, è
introdotto dal fatto che nessun nutrimento soddisferà mai la
pulsione orale, se non contornando l'oggetto eternamente mancante”.
Se noi quindi, in questa citazione di Lacan, sostituiamo alla
pulsione orale la pulsione scopica possiamo iniziare a capire di cosa
si tratta nello sguardo: esso è l'oggetto piccolo a,
quell'oggetto mancante che proprio in quanto fa mancanza (da noi
rappresentata sopra con S' insistente su S'') è ciò che dinamizza
il simbolico proprio nel suo buco da noi colto nel Nome-del-Padre (il significante per la totalità delle relazioni in gioco): è
proprio perchè nessuna situazione può appagare la pulsione scopica
che noi persistiamo a concepirci come “esseri guardati”.
E' lo scarto di godimento (di muto essere presso sé, regime permesso
solo all'Altro) che non può, in quanto scartato dal simbolico, che
dinamizzare lo stesso come sua componente complementare e al tempo
stesso illecita. L'oggetto piccolo a é impossibile non in quanto non si attua mai, ma in quanto si attua sempre nella forma del non ammissibile dentro un quadro legale, é ciò che il quadro legale deve elaborare per non frantumarsi.
Abbiamo quindi visto come il cinema con i suoi supporti
possa elaborare quest'incandescente materia attraverso la sua
capacità di darci a vedere, nella fondamentale ambiguità per
cui non solo vediamo qualcosa, ma vediamo qualcosa in quanto siamo
presi dallo sguardo, in quanto siamo dati allo sguardo, catturati in
un elaborazione che permette di decentrare la serie delle nostre
autorappresentazioni, proprio in forza del fatto che siamo noi stessi
visti in questo effetto ottico trascendentale, se così posso dire.
La nostra coscienza con le sue rappresentazioni qui si scopre
determinata da Altro ed è chiamata ad indagare quanto
quest'ultimo ha da dirci, ad esempio attraverso il cinema, il quale
può talvolta porci nel punto in cui siamo costretti a capirci
qualcosa.
La
trama potrebbe essere riassunta nel modo seguente: Guy Haines
(Farley Granger), un giocatore di tennis che sta attraversando una
difficile separazione dalla moglie Miriam (Laura Elliot), la quale
non vuole concedere il divorzio per sfruttare il successo del
marito, trova in treno quel che parrebbe essere un suo scapestrato
ammiratore, Bruno Anthony (Robert Walker). Bruno, discutendo con Guy
dell'odio di quest'ultimo per la moglie e della volontà dello
sportivo di rifarsi una vita con la figlia del senatore Morton, Ann
(Ruth Roman), gli propone uno scambio per cui se il primo avesse
ucciso Miriam, il secondo avrebbe dovuto uccidere l'odiato padre del
primo. Guy prende la sorprendente proposta per uno scherzo, ma
quando Bruno compie il delitto si innesca una dinamica per cui
quest'ultimo inizia a perseguitare il primo per fargli compiere il
delitto dovuto, minacciando di incriminarlo. Guy infine riesce a
fermare Bruno, riscattandosi.