Il primo ciclo
di elaborati de “Bottega della Pecora”
andrà a trattare il fascino accattivante dell’elemento demoniaco legato al motto
di spirito, in parole povere la cosiddetta burla. I miei obbiettivi, come la
mia abilità alla tastiera, sono assolutamente modesti e basilari. Vorrei
presentarvi un’opera molto controversa dell’autore russo Michail Bulgakov: “Il
maestro e Margherita”. La storia di quest’opera è tanto travagliata quanto
l’esistenza del suo artefice e verrà pubblicata in Germania nel 1967, quarant’anni
dopo la sua prima stesura.
La tematica del
fascino del diavolo e l’oculato umorismo di quest’ultimo si palesa sin dalle
prime battute del romanzo dell’autore russo: irrompe nell’idillio della Russia
dei primi anni 20’ questo Wooland, uno straniero specializzato in negromanzia. Il
forestiero incontra due personaggi di spicco della Massolit, un’associazione
letteraria sovietica, ed in seguito ad una conversazione spicciola sul presunto
ateismo dei due amici, Wooland attira l’attenzione e le ire dei due per il suo
fare burlesco, ma estremamente coscienzioso. Lo straniero si rivelerà essere
l’essere più abominevole dell’intero creato: Satana, sovrano degli inferi.
Wooland infastidito dall’esser burbero di uno dei due pensatori, Berlioz,
decide di porre fine alla vita di quest’ultimo, informando il diretto interessato della sua dipartita con un tono a dir poco
farsesco.
[Berlioz]: “Forse lei sa di quale“ s'informò Berlioz con
un'ironia perfettamente naturale, lasciandosi trascinare in un conversazione
veramente assurda, - e me lo vorrà dire?
[Wooland]: “Volentieri“ replicò lo sconosciuto. Misurò
Berlioz con lo sguardo, come se si accingesse a fargli un vestito, borbottò tra
i denti qualcosa come: «Uno, due... Mercurio è nella seconda casa... la luna ne
è uscita... sei: disgrazia... sera: sette...» e annunciò con voce forte e
gioiosa: “Le taglieranno la testa!” ¹
I connotati
della premonizione sono macabri quanto irrisori nei confronti del proprio
interlocutore. L’essere demoniaco è in pieno coscienza di sé e delle proprie
smisurate capacità e la via migliore per far notizia della propria sconfinata
potenza è la dimostrazione della propria volontà, ornata da un merletto,
ricamato magistralmente, di ironia. Wooland è un essere affascinante e vestito
di tutto punto, un aristocratico dalla mente allenata che si prende gioco
dell’intera Russia. L’elemento dell’esteriorità curata è indissolubile
dall’elemento demoniaco in questo romanzo: il motto di spirito che lo straniero
suscita nel lettore è amplificato dall’aspetto, per certi versi contenuto e
minuziosamente architettato dello straniero.
Kacper Bozek (Cracovia, 1974) : Bal (Il ballo). Ispirato dall'opera di Bulgakov |
Wooland,
professore esperto nelle arti negromantiche, è contornato di scagnozzi
quantomeno singolari ed uno di questi è Behemont, un gatto sovrappeso con
atteggiamenti da consumato essere umano. Il nome richiama Begemont l’immensa
bestia che appare nel libro di Giobbe che viene comunemente identificata con
l’ippopotamo, quasi lo stesso autore abbia voluto mettere in relazione la mole
mastodontica di Begemont e la “scarsa forma” del gattone che presenzia per
tutta la durata del romanzo. Behemont è un essere davvero bizzarro che si
diverte a creare scompiglia con i suoi innati poteri nel centro di Mosca, la
sua figura è l’elemento che fa suscitare il riso e quel “motto di spirito” che
tanto cerco di sottolineare nella mia disamina.
[…] E successe una cosa inaudita. Il pelo del gatto nero si
rizzò, e l'animale miagolò da spaccare i timpani. Poi si raccolse su se stesso
e balzò come una pantera sul petto di Bengal'skij; di lí saltò sulla sua testa.
Con un borbottio, il gatto affondò le gonfie zampe nella rada capigliatura del
presentatore, e, con un urlo tremendo, gli strappò la testa dopo averla fatta
ruotare due volte sul collo grassoccio. ²
Il gatto è
inflessibile nel suo esser estremamente appesantito da un’esistenza vissuta da
medio borghese trangugiando aringhe e bevendo alcolici, non conserva quelle
fattezze di estrema eleganza che sono proprie del suo padrone, ma risulta
ugualmente mortifero. La caratura di questo personaggio è dettata
dall’imprevedibilità di costui: Behemont è l’elemento comico per definizione poiché
rappresenta tutti i vizi, le pulsioni e le debolezze dell’esser umano. Un
elemento che perturba in maniera inconsulta, priva di senso e repentina
all’interno del romanzo di Bulgakov. La straordinarietà di Behemont risiede nel
far suscitare risate fragorose nei momenti più tragici dell’opera. Il
personaggio dell’autore russo è una burlesca canzonatura de “Il Gatto Nero” di
Edgar Allan Poe, ripercorrendo parallelamente i due racconti il paragone sembra
meno ardito di quanto si possa pensare. L’esser demoniaco viene espresso
tramite le due forme che lo determinano: l’odio che prende via via forma e
corpo all’interno dell’uomo, il disprezzo come un qualcosa che ci porta ad
un’erosione interiore e divenire bestie scheletriche pronte a tormentare il
prossimo con questo sentimento a dir poco straordinario, quanto mai lacerante,
esemplificato ed allegorizzato dal gatto murato di Edgar Allan Poe. Il riso che
prende possesso di noi e tramite il quale l’entità demoniaca ci seduce ci rende
pasciuti e pingui come Behemont, il motto di spirito ci fa in qualche modo
ingrassare come una sorta di leccornia che boccone dopo boccone ci distoglie
dalla grigia realtà, facendoci scordare ansie e preoccupazioni dell’essere.
Un passo
esemplificativo de “Il Maestro e Margherita” della seduzione del diavolo
collegata alla burla è una palese citazione, architettata con pregevole
maestria da Bulgakov, dell’Odissea di Omero. Nella fattispecie il libro X,
nell’episodio in cui la Maga Circe trasforma la ciurma di Odisseo in porci. Nataša
assumerà le vesti della celebre strega andando a trasformare il malcapitato
Nikolaj Ivanovic in un umile verro.
[Nikolaj] “Esigo che mi venga restituito il mio aspetto
normale!” rantolò e grugní a un tratto il verro con tono fra il disperato e il
supplichevole. - E non intendo volare a un assembramento illegale! Margherita
Nikolaevna, lei ha l'obbligo di ridurre alla ragione la sua cameriera!
[Nataša] “Ah, sicché adesso sarei la cameriera per te? La
cameriera?“ gridava Nataša, pizzicando l'orecchio del verro. - E non ero una
regina? Non mi chiamavi cosí?
[Nikolaj] “Venere!“ rispose lamentosamente il verro,
volando sopra un torrente spumeggiante fra le rocce e sfiorando con gli zoccoli
i cespugli di nocciolo.
[Nataša] “Venere! Venere!” proclamò vittoriosamente Nataša,
mettendosi una mano sul fianco e protendendo l'altra verso la luna. ³
L’uomo viene
assoggettato dalla donna, elemento demoniaco per antonomasia in quanto
perturbatore, ma non viene solamente depauperato della sua proverbiale
leadership, bensì viene ridicolizzato e schernito come una bestia facilmente
assoggettabile. Il motto di spirito è generato dallo sprezzante scambio di
battute e rovesciamento dei ruoli che si profila nel passo sopracitato.
“Venere” è l’appellativo più inaspettato perché pronunciato malvolentieri da
Nikolaj e si discosta completamente dall’esser perfetto che designa questo
apostrofe: Nataša è splendida e nuda in groppa all’animale, ma è corrotta
dall’entità demoniaca che le ha donato questo aspetto e cozza con l’elemento
etereo e candido della dea che tanto ha ispirato gli scritto lucreziani. Nataša
non è la maga Circe, bensì una strega folle e sconclusionata ebbra dei propri
poteri privata di quell’alone di rispetto della propria posizione privilegiata,
riducendosi ad un mero elemento comico e di disturbo.
La mia
ridondanza del motto di spirito potrebbe risultare stucchevole e
di poco interesse, ma francamente se il tema vi è caro e non avete mai
impattato con questo capolavoro, la Bottega della Pecora ve lo consiglia
caldamente. Il parallelismo dell’Unione Sovietica attanagliata dal regime
stalinista con un mondo ctonio ed infero stride fortemente: una società dotata
di leggi e regole oppressive sconvolta da elementi perturbatrici del sottosuolo
rovescia le convinzioni dei cittadini di Mosca degli anni ’30. L’esser
demoniaco non è malevolo, nonostante il suo esser mortifero, ma è sinonimo di
volontà di evasione da parte dell’autore stesso. Il cambiamento totale di un
sistema che ha piegato più volte Bulgakov, portandolo a chiedere l’espatrio.
“Il
Maestro e Margherita” è un romanzo autobiografico, ispirato largamente dal Faust di Goethe, e come tale è dotato di
una venatura satirica estremamente accattivante La produzione del romanzo è
stata ostacolata dalle autorità dell’Unione Sovietica per la sua caratura
critica nei confronti della società del tempo. Lo stesso Stalin, con un breve
scambio di missive, intimerà a Bulgakov di terminare la stesura del romanzo e
lasciarlo nel proverbiale dimenticatoio, ma fortunatamente i manoscritti dell’autore
russo verranno recuperati e riordinati nella Germania degli anni 60’ dove il
romanzo verrà dato alla luce del grande pubblico raccogliendo grandi consensi.
Bulgakov non godrà mai del successo della propria opera poiché scomparse a
Mosca nel 1940, dopo essere stato esule a Parigi per sei anni.
Bibliografia:
1 “Il Maestro e Margherita” – Michail Bulgakov. Oscar
Mondadori Classi Moderni (1991)
2 Ibidem
3 Ibidem
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