venerdì 19 dicembre 2014

Il fascino del professor Wooland. Viaggio all'interno del capolavoro di Michail Bulgakov

  Il primo ciclo di elaborati de “Bottega della Pecora” andrà a trattare il fascino accattivante dell’elemento demoniaco legato al motto di spirito, in parole povere la cosiddetta burla. I miei obbiettivi, come la mia abilità alla tastiera, sono assolutamente modesti e basilari. Vorrei presentarvi un’opera molto controversa dell’autore russo Michail Bulgakov: “Il maestro e Margherita”. La storia di quest’opera è tanto travagliata quanto l’esistenza del suo artefice e verrà pubblicata in Germania nel 1967, quarant’anni dopo la sua prima stesura.

La tematica del fascino del diavolo e l’oculato umorismo di quest’ultimo si palesa sin dalle prime battute del romanzo dell’autore russo: irrompe nell’idillio della Russia dei primi anni 20’ questo Wooland, uno straniero specializzato in negromanzia. Il forestiero incontra due personaggi di spicco della Massolit, un’associazione letteraria sovietica, ed in seguito ad una conversazione spicciola sul presunto ateismo dei due amici, Wooland attira l’attenzione e le ire dei due per il suo fare burlesco, ma estremamente coscienzioso. Lo straniero si rivelerà essere l’essere più abominevole dell’intero creato: Satana, sovrano degli inferi. Wooland infastidito dall’esser burbero di uno dei due pensatori, Berlioz, decide di porre fine alla vita di  quest’ultimo, informando il diretto interessato della sua dipartita con un tono a dir poco farsesco.

[Berlioz]: “Forse lei sa di quale“ s'informò Berlioz con un'ironia perfettamente naturale, lasciandosi trascinare in un conversazione veramente assurda, - e me lo vorrà dire?
[Wooland]: “Volentieri“ replicò lo sconosciuto. Misurò Berlioz con lo sguardo, come se si accingesse a fargli un vestito, borbottò tra i denti qualcosa come: «Uno, due... Mercurio è nella seconda casa... la luna ne è uscita... sei: disgrazia... sera: sette...» e annunciò con voce forte e gioiosa: “Le taglieranno la testa!” ¹

I connotati della premonizione sono macabri quanto irrisori nei confronti del proprio interlocutore. L’essere demoniaco è in pieno coscienza di sé e delle proprie smisurate capacità e la via migliore per far notizia della propria sconfinata potenza è la dimostrazione della propria volontà, ornata da un merletto, ricamato magistralmente, di ironia. Wooland è un essere affascinante e vestito di tutto punto, un aristocratico dalla mente allenata che si prende gioco dell’intera Russia. L’elemento dell’esteriorità curata è indissolubile dall’elemento demoniaco in questo romanzo: il motto di spirito che lo straniero suscita nel lettore è amplificato dall’aspetto, per certi versi contenuto e minuziosamente architettato dello straniero.

Kacper Bozek (Cracovia, 1974) : Bal (Il ballo). Ispirato dall'opera di Bulgakov
Wooland, professore esperto nelle arti negromantiche, è contornato di scagnozzi quantomeno singolari ed uno di questi è Behemont, un gatto sovrappeso con atteggiamenti da consumato essere umano. Il nome richiama Begemont l’immensa bestia che appare nel libro di Giobbe che viene comunemente identificata con l’ippopotamo, quasi lo stesso autore abbia voluto mettere in relazione la mole mastodontica di Begemont e la “scarsa forma” del gattone che presenzia per tutta la durata del romanzo. Behemont è un essere davvero bizzarro che si diverte a creare scompiglia con i suoi innati poteri nel centro di Mosca, la sua figura è l’elemento che fa suscitare il riso e quel “motto di spirito” che tanto cerco di sottolineare nella mia disamina.

[…] E successe una cosa inaudita. Il pelo del gatto nero si rizzò, e l'animale miagolò da spaccare i timpani. Poi si raccolse su se stesso e balzò come una pantera sul petto di Bengal'skij; di lí saltò sulla sua testa. Con un borbottio, il gatto affondò le gonfie zampe nella rada capigliatura del presentatore, e, con un urlo tremendo, gli strappò la testa dopo averla fatta ruotare due volte sul collo grassoccio. ²

Il gatto è inflessibile nel suo esser estremamente appesantito da un’esistenza vissuta da medio borghese trangugiando aringhe e bevendo alcolici, non conserva quelle fattezze di estrema eleganza che sono proprie del suo padrone, ma risulta ugualmente mortifero. La caratura di questo personaggio è dettata dall’imprevedibilità di costui: Behemont è l’elemento comico per definizione poiché rappresenta tutti i vizi, le pulsioni e le debolezze dell’esser umano. Un elemento che perturba in maniera inconsulta, priva di senso e repentina all’interno del romanzo di Bulgakov. La straordinarietà di Behemont risiede nel far suscitare risate  fragorose nei momenti più tragici dell’opera. Il personaggio dell’autore russo è una burlesca canzonatura de “Il Gatto Nero” di Edgar Allan Poe, ripercorrendo parallelamente i due racconti il paragone sembra meno ardito di quanto si possa pensare. L’esser demoniaco viene espresso tramite le due forme che lo determinano: l’odio che prende via via forma e corpo all’interno dell’uomo, il disprezzo come un qualcosa che ci porta ad un’erosione interiore e divenire bestie scheletriche pronte a tormentare il prossimo con questo sentimento a dir poco straordinario, quanto mai lacerante, esemplificato ed allegorizzato dal gatto murato di Edgar Allan Poe. Il riso che prende possesso di noi e tramite il quale l’entità demoniaca ci seduce ci rende pasciuti e pingui come Behemont, il motto di spirito ci fa in qualche modo ingrassare come una sorta di leccornia che boccone dopo boccone ci distoglie dalla grigia realtà, facendoci scordare ansie e preoccupazioni dell’essere. 

Un passo esemplificativo de “Il Maestro e Margherita” della seduzione del diavolo collegata alla burla è una palese citazione, architettata con pregevole maestria da Bulgakov, dell’Odissea di Omero. Nella fattispecie il libro X, nell’episodio in cui la Maga Circe trasforma la ciurma di Odisseo in porci. Nataša assumerà le vesti della celebre strega andando a trasformare il malcapitato Nikolaj Ivanovic in un umile verro.

[Nikolaj] “Esigo che mi venga restituito il mio aspetto normale!” rantolò e grugní a un tratto il verro con tono fra il disperato e il supplichevole. - E non intendo volare a un assembramento illegale! Margherita Nikolaevna, lei ha l'obbligo di ridurre alla ragione la sua cameriera!
[Nataša] “Ah, sicché adesso sarei la cameriera per te? La cameriera?“ gridava Nataša, pizzicando l'orecchio del verro. - E non ero una regina? Non mi chiamavi cosí?
[Nikolaj] “Venere!“ rispose lamentosamente il verro, volando sopra un torrente spumeggiante fra le rocce e sfiorando con gli zoccoli i cespugli di nocciolo.
[Nataša] “Venere! Venere!” proclamò vittoriosamente Nataša, mettendosi una mano sul fianco e protendendo l'altra verso la luna. ³

L’uomo viene assoggettato dalla donna, elemento demoniaco per antonomasia in quanto perturbatore, ma non viene solamente depauperato della sua proverbiale leadership, bensì viene ridicolizzato e schernito come una bestia facilmente assoggettabile. Il motto di spirito è generato dallo sprezzante scambio di battute e rovesciamento dei ruoli che si profila nel passo sopracitato. “Venere” è l’appellativo più inaspettato perché pronunciato malvolentieri da Nikolaj e si discosta completamente dall’esser perfetto che designa questo apostrofe: Nataša è splendida e nuda in groppa all’animale, ma è corrotta dall’entità demoniaca che le ha donato questo aspetto e cozza con l’elemento etereo e candido della dea che tanto ha ispirato gli scritto lucreziani. Nataša non è la maga Circe, bensì una strega folle e sconclusionata ebbra dei propri poteri privata di quell’alone di rispetto della propria posizione privilegiata, riducendosi ad un mero elemento comico e di disturbo.

La mia ridondanza del motto di spirito potrebbe risultare stucchevole e di poco interesse, ma francamente se il tema vi è caro e non avete mai impattato con questo capolavoro, la Bottega della Pecora ve lo consiglia caldamente. Il parallelismo dell’Unione Sovietica attanagliata dal regime stalinista con un mondo ctonio ed infero stride fortemente: una società dotata di leggi e regole oppressive sconvolta da elementi perturbatrici del sottosuolo rovescia le convinzioni dei cittadini di Mosca degli anni ’30. L’esser demoniaco non è malevolo, nonostante il suo esser mortifero, ma è sinonimo di volontà di evasione da parte dell’autore stesso. Il cambiamento totale di un sistema che ha piegato più volte Bulgakov, portandolo a chiedere l’espatrio. 

“Il Maestro e Margherita” è un romanzo autobiografico, ispirato largamente dal Faust di Goethe, e come tale è dotato di una venatura satirica estremamente accattivante La produzione del romanzo è stata ostacolata dalle autorità dell’Unione Sovietica per la sua caratura critica nei confronti della società del tempo. Lo stesso Stalin, con un breve scambio di missive, intimerà a Bulgakov di terminare la stesura del romanzo e lasciarlo nel proverbiale dimenticatoio, ma fortunatamente i manoscritti dell’autore russo verranno recuperati e riordinati nella Germania degli anni 60’ dove il romanzo verrà dato alla luce del grande pubblico raccogliendo grandi consensi. Bulgakov non godrà mai del successo della propria opera poiché scomparse a Mosca nel 1940, dopo essere stato esule a Parigi per sei anni.

Bibliografia:
1 “Il Maestro e Margherita” – Michail Bulgakov. Oscar Mondadori Classi Moderni (1991)
2 Ibidem
3 Ibidem

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