“Dall'alto, Egli pianifica, dirige e si compiace del nostro spettacolo di sangue. Ha fatto portar qui vacche e maiali morti, ci ha vestiti di bianco e poi ci ha congedati: «Liberatevi». Ora ci osserva: sui nostri camici imbrattati, sulla paralisi del mondo esterno, sulla cruda foga delle mani che frugano ciecamente tra le viscere delle bestie sacrificali (ed io bestia altrettanto, ora lo so, perché prima di affondare le mani tra le budella non avrei mai potuto credere che all'uomo fosse concessa tanta vividezza ferina): su tutto ciò vigila il Suo sguardo.
Io
e i miei compagni non abbiamo che da esiliare ogni timore e ogni
deferenza dai nostri cuori: solo allora Egli ci investe del ruolo di
protagonisti nel suo disegno. Ci concede l'appropriazione del
proibito, la sua esaltazione più rossa e violenta, e noi sappiamo di
rimando che là, in disparte, Lui è soddisfatto quando rinneghiamo i
nostri giudizi su quanto prima credevamo giusto o sbagliato, e
insanguiniamo con dedizione i nostri corpi per dimostrarlo. Questo è il rapporto tra noi e Lui, ed è anche il medesimo tra noi compagni.
Qui
sono ore di ebbrezza – il vino e il sangue non si distinguono più,
e io non saprei dire quale dei due mi lascia più euforico –, di
astensione da morale e civiltà per come le conosco, e pure non sono
perso: mai ho sentito crescere con più vigore, dentro di me, la
lucida percezione del mio ruolo. Calano qui le maschere e cedono le
convenzioni. È così? Così dunque assumo vera forma, non repressa,
legandomi al dio rosso che scorreva prima in quei corpi e che ora
restituisce la sua vita a me? Qui si ritorna ai primordi della
civiltà, ci si lava della sozzura apollinea e si riscopre il succo
dionisiaco della nostra forma originaria. Ma è questa solo catarsi?
O le radici di quanto facciamo si tuffano nell'apotropaico? O che
altro si compie fuori e dentro di noi, mentre siamo qui? Quale
redenzione mi spetta nel caldo rigolo di sangue che mi cola sul
volto, nell'urlo selvaggio della calca con i miei compagni, nel
terrore che mi sconquassa le ossa?
Barcollo
per la stanchezza e la nausea, e ora che son fermo sento quanto pesa
il camice inzuppato di sangue; ma il vino non perde mordente e la
musica imbriglia l'azione. È a passo lento e fatale che qui,
insieme, conosciamo la morte e vestiamo i suoi colori. Ancora, è
questa solo catarsi? Certo, ma qualcosa trascende noi e l'animale, e
concede sollievo anche alla terra con questo macello, quando avida
beve della vita che scorre rossa e calda sul suo suolo. È nel vigore
dei corpi, nell'odore del sangue e nella luce sui volti stravolti. È
nelle mie mani sazie di solchi vermigli che io, ebbro di tanta
leggerezza contro il peso della violenza estirpata, capisco il suo
invito: «Liberatevi»”
Hermann Nitsch è un artista austriaco, tra gli esponenti più icastici dell'Azionismo Viennese. Il movimento, che cresce sulla scorta dell'espressionismo austriaco, annovera tra i suoi ranghi artisti assai criticati per le loro opere, spesso scabrose e grottesche, inerenti al masochismo, alla profanazione del sacro, alla scatologia e alla perversione sessuale.
L'attività
di Nitsch, cominciata intorno agli anni '60, oscilla tra l'opera
individuale (famosi i suoi dipinti di sangue e colore, direttamente
gettati sulla tela, e pure sul camice rigorosamente bianco che
indossa in corso d'opera) e quella collettiva. È su quest'ultima che
ragiona un immaginario attore partecipante, nel monologo qui
sopra.
Questi esperimenti collettivi (le Aktionen), che fanno capo al progetto del Teatro delle orge e dei misteri, risultano come grandi rievocazioni dionisiache dei riti antichi e coinvolgono centinaia di persone tra attori e musicisti. Direttore del tutto è Nitsch stesso. Lo scopo è quello dell'ascesi catartica, della riconciliazione con il passato ancestrale della natura umana, scuotendola e impressionandola con sacrifici animali, bagni di sangue e viscere, ma anche con momenti di stasi riflessiva. La più celebre è forse la 6-tage-spiel, del 1998, svoltasi in sei giorni e sei notti ininterrottamente presso il castello privato di Prinzendorf.
Questi esperimenti collettivi (le Aktionen), che fanno capo al progetto del Teatro delle orge e dei misteri, risultano come grandi rievocazioni dionisiache dei riti antichi e coinvolgono centinaia di persone tra attori e musicisti. Direttore del tutto è Nitsch stesso. Lo scopo è quello dell'ascesi catartica, della riconciliazione con il passato ancestrale della natura umana, scuotendola e impressionandola con sacrifici animali, bagni di sangue e viscere, ma anche con momenti di stasi riflessiva. La più celebre è forse la 6-tage-spiel, del 1998, svoltasi in sei giorni e sei notti ininterrottamente presso il castello privato di Prinzendorf.
Nessun commento:
Posta un commento